Gioele adora la nostra lupa. Il primo pensiero alla mattina è per lei; la chiama e la saluta affettuosamente. Si stende sul pavimento e la abbraccia.
Nel vederlo avvinghiato al cane, mio marito Stefano, ieri, gli ha detto:
“Siete proprio culo e camicia!”
Gioele si alza, guarda il padre e ribatte scocciato:
“No io non solo il culo! Non è proprio carino, papà chiamarmi cosi!”
A quel punto, gli abbiamo spiegato per bene il detto…ma un po’ si è offeso lo stesso.
Chissà se per una cosa così, da grande, dirà ai suoi figli: “Mi chiamavano culo…”
Si dice sempre “poveri figli”, ma mai “poveri genitori”.
Quando Martino e Ginevra erano alle elementari, ho preparato loro, 4 o 5 volte al massimo per circa due mesi, una crema di zucchine normalissima e poi non l’ho più fatto. L’altro giorno, a tavola, tutti insieme, hanno raccontato ai fratelli la bontà di questo piatto dicendomi: “Mamma, ti ricordi che quando eravamo piccoli ci facevi sempre quella buonissima crema di zucchine?”
Ho tentato di dire che era successo 4 o 5 volte ma nessuno dei due mi ha creduto.
Entrambi si ricordavano che era accaduto “sempre” per tutta la loro infanzia. Questo mostra quanto poco possiamo attenerci ai nostri ricordi.
Racconteranno ai loro figli che li ho cresciuti a crema di zucchine e che era buonissima…quando invece l’ho fatto solo per due mesi, al massimo 5 volte e veramente non era niente di speciale.
Chissà quanti altri ricordi avranno totalmente diversi da come ce li ricordiamo noi.
E chissà quanti ricordi abbiamo noi diversi da come i nostri genitori ricordano gli stessi eventi.
Cosa ci ricordiamo dei primi 10 anni della nostra vita?
100 fotogrammi? Mi dicono che è perfino tanto e che in genere sono molti meno. Ma mettiamo che siano 100 ricordi.
In 10 anni accadono tante cose, eventi, situazioni, momenti diversi da loro, ma noi ne ricordiamo solo una piccolissima parte.
Emerge alla memoria magari, quando nostra madre ci ha dato una sculacciata ma non quando ci ha abbracciato.
Mi chiedo se i miei figli, a 40, pensando ai loro primi 10 anni, che ricordi avranno.
Mi chiedo se emergeranno quelli in cui li ho sgridati oppure quelli in cui li ho abbracciati, coccolati e sostenuti.
Da cosa dipende se ricorderanno gli uni o gli altri?
Forse dal modo in cui ho Visto ognuno di loro? Soprattutto se si sono sentiti Visti…
Forse dall’apertura o chiusura che sono riuscita ad offrire?
E se non ci fosse una realtà oggettiva ma solo quello che siamo in grado di vedere?
E se la realtà fosse una forma in continuo mutamento?
E se diventasse visibile a noi solo quello che siamo in grado di credere possibile tra le infinite possibilità di realtà?
E se il passato, presente e futuro non fossero altro che un ologramma che si muove incessantemente, modificabile di continuo in base al punto da cui lo osserviamo?
Ok quindi, se fosse che la cosa più importante è prendere consapevolezza del punto da cui sto guardando passato, presente e futuro? E che, modificando quello, vedo altro?
Questo vuol dire che se guardo da un’immagine di me arrabbiata e tesa oppure se guardo da una serena, gentile e accogliente…tutto cambia…passato, presente e futuro?
Allora diventerebbe fondamentale prendere consapevolezza dello “sguardo con cui guardo” più che del “cosa vedo”.