Ecco che, i primi di giugno io, i bambini e Stefano (che comunque avrebbe continuato a lavorare in smart working) siamo partiti per il mare: 15 giorni, destinazione Marche.
I figli più grandi a casa, così, tanto per provare sulla pelle il detto “quando il gatto non c’é, i topi ballano”.
Il giorno dopo del nostro arrivo, telefonata, la mattina, di Martino: “La porta di casa non si apre più e c’è un segno…sono uscito ma non riesco più ad entrare. Si vede che qualcuno sta notte ha cercato di forzarla ”.
Un ladro si sarebbe trovato addosso il nostro lupo cecoslovacco…non so, forse la porta si era rotta e basta. Comunque, cerca il fabbro, chiama il fabbro, segui il fabbro che per fortuna si è reso disponibile ad andare ad aprire la porta. Almeno ha confermato che non c’è stata forzatura, ma serratura da sostituire…
Secondo giorno.
5.30 del mattino. Gioele si sveglia, si mette il costume ed esce di casa per andare al mare.
“Gioeleeeee, dove vai?”
Almeno 12 ore di sole al giorno: metti la crema e rimetti la crema. Dopo pranzo: “Gioele, vieni che ti rimetto la crema sulla schiena?”. “No non occorre, me l’ha messa Elia”. Ma non era vero, quindi, la sera, Gioele con le spalle rosse da non poterlo toccare.
Terzo giorno.
6 di mattina. Gioele si alza per andare al mare. Ci accorgiamo che non poggia bene il piede a terra così vediamo un taglietto, di cui non ci aveva detto niente, che stava iniziando a fare infezione. Urli perché non vuole essere medicato. Dopo aver svegliato tutto il villaggio, accetta le varie cure con pomatine, cerotti e bende.
Quarto giorno.
Dopo pranzo io e Stefano a riposarci nel letto mentre i bambini a guardare un po’ di tv.
Come al solito saltano, lottano e il bungalow, una di quelle moderne mobilhome, si muove tutto. Sgrida una volta e sgrida due…ad un certo punto sta casetta si è messa a ballare in un modo diverso, più simile a una vibrazione forte. Sia io che Stefano ancora ad urlare con veemenza: “ Baastaaaaa!! Non é possibile! State esagerando!”. E loro: “Ma non ci siamo mossi!”. “E mentite pure! Peggio ancora! meritate una bella punizione!”.
Abbiamo saputo poco dopo che la casetta vibrava per il terremoto. Epicentro nel mare praticamente di fronte a noi.
Avendo il bungalow sulla spiaggia a 20 metri dall’acqua mi sorge un pensiero: “Ma non è che viene una sorta di tzunami, un’ onda anomala o qualcosa del genere?”
Vado a chiedere in reception e mi rassicurano. Tuttavia, quel giorno ho guardato spesso il mare, le onde come erano messe…
Quinto giorno.
Elia, la mattina non riesce ad appoggiare la gamba per terra perché ha male ad un muscolo. Probabile contrattura visto che il giorno prima ha giocato a calcio senza riscaldamento. Impacchi, pomate, pilloline omeopatiche.
Tutto il giorno in casetta a lamentarsi. E avanti…
Sesto giorno.
Ginevra mi chiama da casa dicendo che non si sente tanto bene, che ha tosse, raffreddore ma non la febbre. Litighiamo perché vuole andare in piscina tutto il giorno mentre io le cerco di far capire che non le farebbe bene.
Settimo giorno.
Sto tutto il giorno al telefono con Martino e Ginevra perché litigano fuori misura sostenendo che uno, in casa, fa più lavori di un altro.
Ottavo giorno.
Mi telefona Ginevra dicendo che il cane ha praticamente smembrato mezzo serramento della camera da letto. Io e Stefano ci guardiamo in silenzio affranti senza dirci nemmeno una parola.
Ci eravamo raccomandati con loro di non lasciare il cane da solo in quella parte di giardino.
Nono giorno.
Martino e Ginevra vogliono organizzare una festa con un po’ di amici in casa. “Vi prego, nooooooo!!!!” E faccio l’elenco delle cose da non fare assolutamente.
Decimo giorno.
Piove, prendo i bambini e vado in macchina al supermercato del paese per comprare due cose. Di fianco, un negozio sportivo: “Ti prego mamma, andiamo solo a vedere che cos’hanno?” “Guardate che non vi compro niente che avete già tutto”. “Sì, sì, solo per vedere….”
Ne esco con 2 paia di scarpe da calcetto e 2 costumi da bagno.
Undicesimo giorno.
Elia, dopo la baby dance si beve di botto una bottiglietta di acqua frizzante fredda prima di andare a dormire…
Alle 1.45 di notte si sveglia per vomitare. Io e Stefano in piedi a scaldargli la pancia con il phone, a fargli camomilla e a sostenerlo fino alle 2.30.
Dodicesimo giorno.
Ginevra mi chiama che vuole andare in un villaggio al mare con il moroso e altri amici per qualche giorno. Nessun problema se non che deve studiare per l’esame di maturità. Ore a convincerla che è assurdo pensare di studiare in un bungalow con ragazzi che fanno festa giorno e notte.
Tredicesimo giorno.
Chiamata di Ginevra la mattina: “Mamma, sono sull’autobus ma c’é un tipo strano che mi infastidisce. Mi fa paura. Che faccio?”
Quattordicesimo giorno.
“23.30, dopo baby dance e spettacolo animatori, iniziano i balli di gruppo. Io già in piedi per andarmene perché non ne potevo più…si avvicina un’animatrice che mi vuole fare ballare. Io la guardo fissa negli occhi senza dire una parola. Se ne va.
E il quindicesimo giorno, ritorniamo a casa.
Ho pensato: “Dai che in 4 ore siamo a casa”.
Mio marito, appena saliti in macchina: “Perché invece di prendere l’autostrada non passiamo dalla Toscana per tornare facendo tutte le stradine?”
Marche, Toscana, Veneto?
Lo guardo e dico solo: “No!”. Ovviamente non l’ha presa proprio bene.
Nonostante tutte le perenni “rotture” quotidiane, devo dire che erano anni che non mi riposavo così. E per me riposo vuol dire viaggio interiore. I bambini, abbastanza autonomi, mi hanno permesso di non correre dietro loro di continuo. Li guardavo da lontano, non li perdevo di vista, li richiamavo al bisogno, ma stando immobile sullo sdraio, cosa che non poteva accadere gli anni precedenti. Questo ha permesso il mio ritiro.
Per un vero yoghi sarebbe stato un incubo anche solo pensare di poter meditare in quel modo, ma appunto, la gurumamma è una specie diversa…
Nel mentre che faccio la mamma a tutti gli effetti, leggo, medito, contemplo, mi connetto, apro finestre sui mondi sottili, scarico meravigliose informazioni dai piani luminosi ed emergono così nuovi metodi per conoscersi sempre più a fondo, che poi condivido con gli altri.
Con 4 figli ho imparato a usare bene i tempi. Tra un “mamma” e l’altro ci passa quasi sempre solo qualche minuto (a volte qualche secondo) ma in quel piccolo lasso di tempo, possono accadere meravigliosi viaggi dentro di sé, poiché il tempo non è quello che pensiamo che sia. Al di là del modo in cui siamo abituati a vedere le cose, un istante può divenire una vita.
Occhio quindi a credere che ci manca il tempo per dedicarci alla conoscenza interiore!
Il viaggio inizia proprio dal saper vedere che abbiamo, ORA, tutto il tempo che ci serve.